Lo so, il titolo è un po’ forte, evidentemente provocatorio. Quindi da leggere fino in fondo prima di tirare le somme.
Il fatto è che da diversi giorni, se non settimane, vedo continuamente l’incombenza di questa festa tramite proposte di pacchetti regalo hotel + spa, cene romantiche, uscite di libri o film, week-end fuori porta, e chi più ne ha più ne metta. Ma più vedo questa abbondanza di idee, più penso che sia tutto un po’ finto.
Finti questi regali, perché sono preconfezionati. Facile regalare l’amore preconfezionato. Facile regalare qualcosa quando hai l’imbarazzo della scelta.
Troppo facile regalare una scatola di cioccolatini, per andare sul semplice, quando non devi neanche pensare di farlo perché tutto intorno a te ti invita a farlo. Non sei convinto della scatola di cioccolatini? Che problema c’è, ci sono mille altre idee tra cui scegliere!
Finto, ancora, credere che l’amore sia regalarsi un momento speciale un giorno dell’anno in cui ti è praticamente “comandato” di farlo.
Molto meno facile e molto più vero farlo tutti gli altri giorni. Quando nessuno te lo suggerisce, nessuno se lo aspetta, nessuno ti fornisce idee su come “dimostrare” l’amore.
Ma se fosse tutto qui, non si capisce perché nel titolo San Valentino, da festa, rischia di diventare funerale.
E allora devo aggiungere un’altra considerazione. Il 14 febbraio è la festa degli innamorati: ecco perché potrebbe diventare il funerale dell’amore. Mi spiego meglio. Che tipo di “amore” si celebra a San Valentino? Quello delle farfalle nello stomaco, quello di io-e-te-tre-metri-sopra-il-cielo, quello di due cuori e una capanna… insomma, l’amore sentimentale e idealizzato. Finto, appunto, come i regali preconfezionati.
Quello che voglio dire è che questa festa rischia di confondere l’amore con ciò che amore non è ancora.
E si rischia di cascarci in pieno! Solo quando finisce la fase dell’innamoramento, la fase dell’idealizzazione, solo allora può iniziare l’amore, nella realtà delle fatiche, delle imperfezioni, dei difetti, della “voglia” di amare che a volte c’è, a volte non c’è.
L’amore che si incontra con la realtà, si costruisce giorno per giorno e non vive di sentimentalismo, ma se vuole crescere si ciba anche di “lacrime e sangue”. Amare è fare la “carrambata” di San Valentino o, se sei un uomo, scegliere di alzarti per primo da tavola per sparecchiare anche se non ne hai voglia ma vedi che lei è più stanca di te? Se sei donna, scegliere di morderti la lingua e, per quel momento, non scaricare addosso a lui la frustrazione della tua giornata, decidendo di, almeno, chiedergli prima come sta e com’è andato il lavoro? Sono solo esempi, ciascuno ci metta i propri.
Cosa è più facile? Cosa è più vero?
Sì, forse non per tutti San Valentino è sinonimo di amore fasullo e irreale, sicuramente qualcuno lo festeggia celebrando un amore maturo e vero. Sì, forse non per tutti San Valentino rischia di essere il funerale dell’amore. Per tutti però l’amore vero ha a che fare con la morte, anzi, con le morti: del mio egoismo, del mio bisogno immediato, della mia voglia che manca.
Perché, come ha detto qualcuno, amare è voce del verbo morire. Ma attenzione, non è il morire per fare il funerale! È il morire che sa tagliare per fare spazio all’altro, che sa rinunciare per il bene dell’altro, che sa scegliere a volte la cosa più faticosa in quel momento, ma che darà una gioia più grande dopo. Come portare via la spazzatura dopo cena anche se non ne hai voglia, come fermarti un attimo dalle faccende domestiche che avevi programmato di fare e “perdere tempo” per bere un caffè insieme.
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